I fiori edibili in cucina. La rosa dal profumato viaggio olfattivo

Giovedì, 12 Maggio 2016,
L’impiego in cucina di petali di fiori per impreziosire i nostri piatti non è una tendenza glamour, ma un’idea che in passato era una vera e propria consuetudine. Tecnicamente chiamati edibili, ne esistono circa 50 specie differenti, alcuni sono di uso comune come carciofi, fiori di zucca, cavolfiori, zafferano, capperi. Altri esempi meno comuni comprendono rosa, begonia, crisantemo, ibisco, primula, margherita, calendula, garofano, lavanda, viola del pensiero, fiori di acacia, gelsomino, sambuco, fiori d’arancio. Prima della loro utilizzazione, occorre assicurarsi che non abbiano subito  trattamenti chimici e ricordarsi di rimuovere sempre pistilli e gambi. Si trovano anche nei supermercati e sono coltivati a scopo alimentare. Ma attenzione, non tutti i fiori sono commestibili: ciclamini, azalee, oleandro, iris, anemone, mughetto hanno un effetto velenoso. Prima di essere utilizzati vanno lavati delicatamente in acqua salata, immersi in una ciotola con acqua e ghiaccio per un minuto e stesi su un tovagliolo per l’asciugatura. Dal punto di vista nutrizionale sono poveri di grassi e invece ricchi di sostanze nutritive come minerali, proteine e vitamine. Possiedono interessanti proprietà diuretiche, antiossidanti, emollienti e antinfiammatorie. E regalano bellezza e sapore ai nostri piatti. Spesso in cucina si utilizzano per preparare insalate, zuppe, dessert, gelati, conserve e sciroppi e la loro funzione non è sempre solo decorativa, ciascuno di loro conferisce un sapore differente alle preparazioni, speziato, erbaceo, pungente o dolce: la calendula è leggermente piccante, i nasturzi apportano il sapore del peperone, l’ibisco conferisce dolcezza, il cerfoglio il sapore di anice, il crisantemo un gusto lievemente amarognolo, la verbena ha il profumo di limone, mentre la violetta, il garofano, il gelsomino e i petali di rosa addolciscono e profumano. Per catturare le note naturali della rosa in origine si lasciavano semplicemente macerare i petali in acqua, in seguito si scoprì che scaldando il liquido si sprigionava un olio fragrante, più tardi  si è usata la distillazione in caldaia e infine il vapore per estrarne i sentori in modo delicato a vantaggio dell’aroma. E così è nato l’intramontabile profumo che utilizza maggiormente la rosa Damascena, o Bulgara e la Centifolia del Marocco, il cui nome definisce bene i suoi oltre cento petali. Le rose, tra varietà antiche e moderne, raccontano sempre un profumato viaggio olfattivo.  Una idea per impreziosire una bevanda o per rendere più attraente una brocca d’acqua è quella di creare dei cubetti di ghiaccio con dentro petali e boccioli. Oppure servirli, ora che inizia la stagione calda, nei nostri tumbler a rinfrescare e donare bellezza e gusto a innocenti quanto salubri spremute e centrifugati o a intriganti coktail. La rosa, in particolare,  ha una storia antichissima: ha sempre stregato scrittori, artisti, poeti che ne hanno cantato la bellezza, la fragranza, ma anche il gusto. Gli Egizi ne utilizzavano l’olio per imbalsamare i defunti, Cleopatra ne cospargeva il pavimento della sua residenza prima degli incontri con Antonio; Omero  ne fece l’emblema della bellezza femminile; i Romani utilizzavano petali di rosa e violette per decorare le pietanze ed insaporivano carni e insalate con un’originale “vinaigrette” preparata con fiori di calendula, rosa e aceto e con i soli i petali di rosa aromatizzavano il vino addolcito con il miele. Apicio, per conferire profumo al nettare di Bacco, raccomandava un metodo semplice: si trattava di mettervi in infusione dei petali di rosa, bene asciutti e ai quali era stata tolta la lunetta  bianca, e ripetere questo procedimento per tre volte ogni sette giorni. Al momento di utilizzare questo vino, chiamato rosatum, bisognava aggiungervi del miele e del pepe. Diventava  così complice di notti  d’amore: “nox, mulier, vinum” era tutto quanto desiderato.