Marco Gualtieri di Seeds & Chips e il concetto di visionary food

Venerdì, 05 Febbraio 2016,
Una passione per il food e l’innovazione tutta made in Italy: Marco Gualtieri, ideatore di TicketOne e padre di Seeds&Chips, ci insegna a utilizzare la tecnologia per produrre il cibo in modo efficiente e nel rispetto della sostenibilità. È all’interno del mondo digitale che Marco Gualtieri si prefigge l’obbiettivo di migliorare il modello alimentare globale. Oltre ai diversi progetti nel settore digitale Gualtieri è promotore di Food Valley, un’idea nata con l’intento di creare un luogo di ricerca nel campo agroalimentare.   Dottor Gualtieri, ci può dare una definizione, in sintesi, di Food Valley? “Spero che la Food Valley possa essere un ecosistema fisico dove si contaminano, dialogano e interagiscono tutti i soggetti che si occupano e che possono produrre innovazione. Un luogo dove è facile potersi incontrare, parlare, stimolare processi di innovazione e che dialoghi con le start up, le aziende di food e tech, gli investitori e i rappresentanti del mondo della finanza e dell’impresa”.  Cosa intende quando nei venticinque punti cita “Il futuro del cibo è l’innovazione” ? Che spazio ha il digitale all’interno della sua visione? “Il digitale gioca un ruolo fondamentale in questo processo di innovazione, è dunque necessariamente presente perché abbraccia molti ambiti di applicazione in tutta la filiera. In assoluto quello più importante, e che è alla base di tutto, è quello della condivisione delle conoscenze. Se dovessimo sintetizzare in una parola qual è la maggiore portata del digitale, è senza dubbio la condivisione delle informazioni e quindi il trasferimento e la condivisione delle conoscenze. Ciò è fondamentale nel processo di innovazione della filiera agroalimentare. Le così dette ‘best practices’ che, se diffuse e conosciute, possono essere applicate e non diventare dei casi isolati ma uno standard”. Quanto spazio e che ruolo avrà l’educazione alimentare delle nuove generazioni nella Food Valley? “L’educazione nel processo formativo è fondamentale. Sicuramente, le nuove generazioni, quindi i cosiddetti ‘millenials’, hanno un vantaggio competitivo in quanto grazie al digitale le informazioni sono molto più diffuse, condivise e condivisibili. Dunque, conoscendo di più si presume ci sia la necessità di sapere di più. L’educazione alimentare è importantissima in quanto siamo fatti di quello che mangiamo; questo è risaputo da migliaia di anni e oggi lo è ancora di più. Grazie alla conoscenza del processo alimentare in tutta la filiera si possono fare delle scelte che non riguardano più solo noi stessi, ma anche la collettività”. La Food Valley rappresenterebbe anche una grande opportunità di lavoro. Quali sono i criteri che utilizzerebbe e le competenze necessarie per selezionare le persone da assumere? “La cosa straordinaria è che le competenze sono vastissime. Quindi, ritornando al discorso educativo e formativo, per chi ha avuto la possibilità di specializzarsi in qualcosa sarà sicuramente un’ opportunità. Quello che poca gente ha capito, è che quando si parla di cibo non si parla solo di un qualcosa di fondamentale per la vita dell’uomo, ma della rappresentanza dell’industria più grande del mondo; quella che genera più lavoro e PIL a livello globale. Fra dieci anni, sulla terra, ci saranno un miliardo di persone in più. Questo vuol dire che le città (dove si concentrerà l’80% della popolazione globale) per sopravvivere ed essere sostenibili dovranno produrre gran parte del cibo nel proprio territorio. Food Valley coinvolgerà quindi anche l’industria tecnologica, chi si occupa di design, chi si occupa di architettura. Per non nominare i ‘packaging’ che dovranno essere eco-sostenibili e rientrare nel concetto di ‘economia circolare’. Per citare un esempio, prendiamo in considerazione una start up siciliana che seguiamo, Orange Fiber. Come ben sappiamo la Sicilia è il regno degli agrumi per eccellenza. Orange Fiber ha notato quante tonnellate di bucce d’arancia venivano buttate via ed è riuscita a riutilizzarle creando un tessuto con il filamento degli scarti. Questa è l’economia circolare: prodotta l’arancia, nulla viene buttato via. Tra l’altro, con molteplici vantaggi, addirittura  hanno dimostrato che il tessuto, attraverso le proprietà dell’agrume, trasferisce vitamina c alla pelle. Parlando in numeri, basti pensare che il 30% del cibo prodotto nel mondo viene sprecato; solo nelle nostre case gettiamo il 40% del cibo comprato: è una follia. Queste sono questioni che al giorno d’oggi non possiamo più permetterci di ignorare. In più (per fortuna), ci saranno circa due miliardi e mezzo di persone che nei prossimi dieci anni consumeranno di più. Il numero avrà particolare incremento nei paesi in via di sviluppo che, giustamente, meritano il diritto di vivere una vita più accettabile. Quindi aumenteranno i consumi e diminuiranno le risorse: bisogna intervenire in tutti i modi possibili. Fondamentali sono l’innovazione, la cultura, e la responsabilità individuale. Bisogna intervenire tenendo ben presente che al giorno d’oggi esistono soluzioni e tecnologie adatte a risolvere questa problematica. La sostenibilità del cibo può essere affrontata con l’utilizzo delle tecnologie. Sono consapevole di avere un’ ambizione altissima, che non è solo mia, ma di tutti”.  L’agricoltura biologica é un’ importante strategia per la sostenibilità, quanto saranno tenute in considerazione quest’ultima e le piccole aziende? “Preferisco parlare di agricoltura di precisione piuttosto che di agricoltura biologica. La sostenibilità del mondo non può essere basata sull’agricoltura biologica, però oggi possiamo creare gran parte della produzione agricola vicino a quella biologica tramite l’agricoltura di precisione; ovvero l’utilizzo di tecnologie per intervenire in maniera precisa nella produzione agricola, e quindi usare – ad esempio – solo l’acqua richiesta e i pesticidi eventualmente necessari; questo è il futuro, un futuro immediato e non remoto. Mi riferisco sia ai piccoli produttori che alle grandi aziende le quali stanno utilizzando questo tipo di agricoltura e che si sono già rese conto di come il loro investimento stia ritornando. L’agricoltura di precisione non fa solamente bene all’ambiente (utilizzando meno acqua e meno pesticidi) ma anche all’economia. Il concetto di biologico è straordinario, ma purtroppo non ancora realistico, bisogna quindi  tentare di avvicinarcisi il più possibile. Grazie alla tecnologia, oggi si può intervenire zolla per zolla, grappolo per grappolo, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Inoltre la tecnologia è fondamentale per la riduzione dell’impatto ambientale sulla produzione agricola ed è anche lo strumento di possibile crescita dei piccoli produttori, che (ad esempio grazie all’uso della rete) possono conoscere, farsi conoscere e vendere i loro prodotti. È dunque uno strumento non solo di conoscenza ma anche di rafforzamento e crescita”. Che ruolo hanno branding, design, comunicazione e cultura del design nella Food Valley?   Il progetto globale sarà “thinked in Italy”? “Il design e l’ architettura sono importanti per lo sviluppo di nuovi concetti di innovazione. Il design in particolare ha un impatto importante indirizzato soprattutto verso le filiere agroalimentari. E comunicazione significa condivisione di informazione, di conoscenza, e un grande legame tra domanda e offerta. Per quanto riguarda il made in Italy in alcune aree sicuramente gioca un ruolo chiave e strategico. Il concetto di Food Valley però vuole e deve rimanere aperto: il progetto non si limita a valorizzare il cibo italiano, ma abbraccia anche i problemi di tutto il mondo, come ad esempio il grande continente Africano. Di fatto, nel dossier che abbiamo preparato, abbiamo voluto raccontare che una presenza attiva dell’Italia in questo settore rappresenta un’opportunità geopolitica legata al presente e al futuro del continente africano. Uno degli obiettivi è creare le condizioni, di vita e di prosperità per chi vive in Africa, attraverso la fondazione di imprese sostenibili, soprattutto nell’agricoltura che peraltro è la principale economia del continente”. Quali progressi sono stati fatti nel diritto al cibo e quali saranno le prossime sfide? “Il diritto al cibo, che è senza dubbio un diritto universale, sta entrando nella Costituzione italiana...”. Una persona che l’ha  ispirata nel suo lavoro? “Una persona che mi ispira quotidianamente è Kerry Kennedy che porta avanti i valori e l’eredità di suo papà Robert e dello zio JFK per i diritti umani e quindi anche per il diritto al cibo”. Gli studenti IED