Adrì al Museo del Novecento

04.01.20 , Eventi , Lucrezia Lucchetti

 

Adrì al Museo del Novecento

Ha aperto il 3 dicembre e terminerà l’8 marzo 2020 la retrospettiva “L’intelligenza non ha sesso. Adriana Bisi Fabbri e la rete delle arti (1900-1918)” al Museo del Novecento a cura di Giovanna Ginex e Danka Giacon. La data di fine della mostra è coincidente con la festa della donna perché anticipa il palinsesto “I talenti delle donne”, l’iniziativa che il comune di Milano dedicherà nel 2020 alle donne che sono state protagoniste del pensiero creativo nel passato e nel presente. Milano è una città bella, maestosa, ricchissima, una città che pullula di bellezza, ordine, razionalità e arte, e il Museo del Novecento in Piazza Duomo, dalla parte opposta di Galleria Vittorio Emanuele, ne è l’esempio più espressivo. Una volta salita la rampa a chiocciola, incontriamo, prima di entrare nel museo vero e proprio, la meravigliosa opera di Giuseppe Pellizza “Il Quarto Stato”, e una volta varcata la porta del primo piano, un turbine dei capolavori dei protagonisti delle avanguardie più famose Bracque e Picasso per il Cubismo, Balla, Boccioni e Severini per il Futurismo, ci trascina in un valzer appassionato. Poi ci accoglie la pittura metafisica di Carrà, De Chirico, Sironi e Felice Casorati, fino agli artisti che hanno segnato le innovazioni dell’arte contemporanea degli anni 60, come Jannis Kounnellis, Piero Manzoni, Mario Ceroli. Al quarto piano, la retrospettiva su Adrì blocca il nostro percorso, per farci entrare in un mondo eccentrico e personalissimo. Ferrarese, artista originale e autodidatta, combatte instancabilmente per “un’arte senza sesso” nel panorama degli inizi del 900, dove invece il sesso contava eccome. Incuriosita da ogni tipologia di pittura e tecnica, cerca di farsi spazio nel sistema dell’arte contemporanea, diventando un’icona con il suo taglio corto e la sua produzione strettamente legata al secessionismo viennese.  A Ferrara conosce il giornalista Giannetto Bisi, suo futuro marito che la sosterrà interamente nel suo percorso artistico e trascorre parte della giovinezza a Padova dal cugino Umberto Boccioni (da cui tra l’altro si fa ritrarre). Adriana intorno al 1910 è attratta dal movimento futurista, tanto che Boccioni la invita ad esporre accanto ai futuristi nella Prima Mostra d’Arte Libera presso il padiglione dello stabilimento ex Ricordi, a Milano. Nel 1914 il critico d’arte Ugo Nebbia la invita a partecipare a Milano alla mostra Nuove Tendenze, con artisti che sono vicini per affinità artistiche ed intellettuali al futurismo (Sant’Elia, Dudreville, Funi ed altri). Dal 1915 comincia la sua carriera di caricaturista per “Il Popolo d’Italia”, da questo momento inizia a firmarsi con lo pseudonimo di Adrì, che risulta neutro, e può far pensare ad un nome femminile come ad uno maschile. Frutto di un’intensa attività di ricerca dovuta alla quantità di opere presenti nel Fondo Bisi Crotti, di proprietà del Museo del Novecento, il percorso espositivo si snoda in tre linee che seguono anche le esperienze di vita di Adrì, passando da Ferrara a Bergamo, fino a Milano e poi Torino, Firenze e Roma. La sua biografia, il rapporto strettissimo con il marito attraverso delle lettere che sono esposte in delle teche, rapporto che ha come sfondo il panorama artistico pulsante di vita e progetti, di iniziative e movimenti della Milano del primo decennio del Novecento, e infine il suo periodo da caricaturista e ritrattista sarcastica e dissacrante. Il congressista, il teppista, la donnina, il bel giovane sono i protagonisti delle sue caricature, volti comuni, che fanno da stereotipi per quelli che erano i protagonisti della società del tempo. E ancora il ritratto bellissimo, quasi monocromo della Principessa Pignatelli, dove la figura assume delle fattezze klimtiane, e il colore della pelliccia si fonde con quello di acqua e cielo alle sue spalle. Bacio allo specchio del 1913, fino ad arrivare ad una Pietà bellissima dove Maria si piega per baciare il volto giallastro e scarno di Gesù. È incredibile come Adrì riesca a dare tutta questa importanza ai volti, in una comprensione quasi espressionistica dell’arte. Le donne che assistono al momento di addio, contorcono i loro volti in pianti disperati, mettono le mani sulla faccia per non mostrare il dolore, mentre la vergine madre si accoccola al figlio salvatore in un abbraccio tenero, che si riserverebbe ad un vivo, ad un piccolo in fasce.

È la sua carriera da caricaturista che le permette di utilizzare e sottolineare un quantitativo enorme di espressioni per i volti dei suoi personaggi, intensificando così le emozioni di qualunque tipo, facendo concentrare lo spettatore su di esse piuttosto che su tutto il resto.

Infine un’intera parete è dedicata ai suoi ritratti e autoritratti. Da quello in giacca doppio petto e pantalone, che la fa somigliare ad un soldato, fino a quelli più dal taglio più stretto in cui sono protagonisti il caschetto cortissimo e nero con frangetta, e il sorriso luminoso ed enigmatico. Adrì è stata un’artista fuori dall’ordinario, poco conosciuta all’opinione pubblica, fatto che non dipese, da una sua reale latenza, quanto dall’impossibilità del sistema arte di riconoscerne il ruolo. E lei ha combattuto per questo fino alla fine, fino a quando nel 1918 l’influenza spagnola non l’ha portata via. E forse oggi come oggi, come donne e uomini coscienti di come i ruoli si siano allentanti e di come, anche se con fatica, certi muri siano stati abbattuti, riconosciamo maggiormente il talento e il coraggio di Adrì. Adriana ci piace, ci infonde una forza e un’autostima incredibili, ci basta guardare un suo ritratto o una sua opera per sentire tutta la forza che voleva comunicare e che grazie all’eternità dell’arte attraversa il tempo, giungendo a noi un secolo dopo con lo stesso impeto.

Sopra varie opere in cui il suo volto viene ripetuto in maniera quasi ossessiva, leggiamo una frase che rilasciò ad Arturo Rossato, detto Arros, in un’intervista al Popolo d’Italia, il 7 giugno 1918.

“L’intelligenza non ha sesso. Io sono, io voglio - capisce che voglio? - essere un artista. Poi sarò naturalmente, donna.”

E quella volontaria assenza di apostrofo sulla parola artista, ci fa sorridere, pensando all’audacia e all’impudenza di questa donna dai capelli corti. Noi siamo dalla tua parte Adrì, grazie.

 

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