Riuso e sostenibilità: l'autoproduzione dei materiali dagli scarti

In un mondo sempre più sostenibile, tra le varie pratiche virtuose applicate al mondo del design, spicca l’ “upcycling” per una rivalorizzazione di oggetti dismessi

09.11.18 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Riuso e sostenibilità: l'autoproduzione dei materiali dagli scarti

Sono scarti quei materiali cui non riconosciamo un’utilità, e per i quali abbiamo perso interesse, per cui vogliamo liberarcene, creando in questo modo diversi scenari di fine vita: dalla discarica all’incenerimento. Un mondo più sostenibile richiede di trovare delle alternative: una proposta operativa allo scopo è il cosiddetto “upcycling”, che si oppone al “recycling”, o riciclo, dei materiali. Riciclare è nel complesso una pratica virtuosa, rispetto agli scenari di cui sopra. Il riciclo porta infatti ad ottenere dei nuovi materiali ed oggetti, e quindi ad allungare la vita della materia. Con alcuni notevoli inconvenienti: consumo di energia, e riduzione della quantità e della qualità del materiale ottenuto. L’upcycling, che si può tradurre con “rivalorizzazione”, consente di prendere dei materiali o degli oggetti dismessi e di dar loro non soltanto una nuova esistenza, ma una migliore “qualità di vita”, nel senso di visibilità, importanza e valore. In certo senso, l’upcycling evolve dalla pratica del riuso: sono senz’altro rivalorizzate le traversine ferroviarie che diventano oggetti d’arredo urbano, come panchine, e lo è la cassetta in polipropilene fine anni ’50 che funge da lampadario (figura 1). Nel caso degli scarti, tale processo diventa più complesso, perché spesso psicologicamente e sensorialmente li percepiamo come sgradevoli. Eppure, anche il rifiuto più ostico si porta dietro la sua storia. Così, il fondo di polvere compatta che rimane, svuotato, nel filtro della caffettiera trasmette ancora il senso di ciò che nella nostra cultura il caffè rappresenta. Nella nostra cultura e nel design, se pensiamo che uno dei prodotti più longevi ancora in uso è una caffettiera, la Moka Bialetti. Il design ha una funzione centrale nel processo di rivalorizzazione, perché plasma la materia in oggetti utili e gradevoli, coi quali si crea quel rapporto che ci porta a considerarli come parte della nostra vita. Per analizzare in profondità cosa ci porta a ricostruire questo “bond” con i materiali, di recente gli studenti di design, come nel corso di Design Industriale ed Ambientale dell’Università di Camerino, praticano l’autoproduzione di materiali secondo il metodo sperimentale. Introducono quindi in matrici bioplastiche fai-da-te scarti di diverso tipo, secondo un processo che viene definito “material tinkering”, letteralmente “pasticciare coi materiali”, allo scopo di scoprire quella loro “personalità”. Un processo che ha un significato didattico e di sviluppo personale, un po’ riportandoci alle considerazioni di Bruno Munari sull’iter metodologico necessario a produrre il “riso verde”. Qui non si tratta di cucina, ma di materiali, anche se qualche connessione si può trovare in effetti. Così, lo specchio ottenuto con listelli di materiale autoprodotto dai fondi di caffè (figura 2), ci ricorda come uno degli strumenti di rivalorizzazione più efficaci può essere la luce, anche quella che filtra attraverso due pannelli di materiale autoprodotto disposti a sandwich, ottenuti da latte scaduto cagliato in aceto balsamico con bucce d’arancia (come nella lampada in figura 3). Lo scarto stesso può fungere da schermo parziale della mobilità versatile di un materiale quasi vetroso autoprodotto da una gelatina a base di amido, come accade agli scarti di finocchio (figura 4). Come la luce accarezza gli occhi, gli odori lusingano l’olfatto, ed hanno un positivo impatto psicologico. I materiali aromatizzati sono una tendenza ormai acquisita, e l’orologio (figura 5), prodotto da un composto di gusci di arachidi, scarti di garza di cotone e cannella, che impedisce anche la degradazione e l’ammuffimento del materiale. Aroma che può prendere un significato quasi filosofico di recupero della relazione con la propria anima, come nel portaincenso ottenuto da un materiale con foglie di tè esauste (figura 6), sulla cui immagine meditativa mi piace chiudere queste brevi considerazioni sulla rivalorizzazione degli scarti, sperando di avervi incuriosito.

Carlo Santulli

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