Design per il quinto figlio

Progetti eccezionali per emergenze quotidiane

08.08.19 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Design per il quinto figlio

Lontano dallo spettacolo che i media allestiscono in occasione delle emergenze stra-ordinarie vi sono delle emergenze ordinarie, irrisolvibili attraverso le soluzioni standard di designer e aziende specializzate, che sollecitano la progettualità delle persone a risolvere eccezionali problematiche quotidiane. Sono le risposte rese urgenti e imposte dalle necessità di adattare ambienti e oggetti alle esigenze del quinto figlio, descritto da Doris Lessing nel romanzo ad esso intitolato.

Il quinto figlio è quello che, nel romanzo della Lessing, arriva ad Harriett e David Lovatt, una coppia di gente comune alla ricerca, come tante, della propria quotidiana felicità. I due si conoscono e decidono di iniziare insieme questa ricerca che inizia nel migliore dei modi quando trovano la casa dei loro sogni, una grande casa vittoriana a una ragionevole distanza da Londra, immersa in un giardino straripante di vegetazione. Una casa completa di attico, piena di stanze, corridoi, scale e pianerottoli. La casa perfetta per ospitare un mucchio di bambini, adatta a realizzare il loro ambizioso obiettivo. E i bambini arrivarono. Prima Luke, poi Helen, Jane e Paul, il quarto figlio. I Lovatt erano dunque una famiglia felice, non come quella della sorella di Harriett che come molti altri familiari passava lunghi periodi ospite nella grande casa dei Lovatt in occasione delle feste e che si ritrovava sull’orlo della separazione e con una figlia, la quarta, coetanea del piccolo Paul, e nata con la sindrome di Down. Al primo piano della grande casa vittoriana traboccante di familiari e vitalità c’era la grande stanza da letto della coppia, e subito accanto una stanzetta che era destinata a ospitare, in successione, l’ultimo nato. Era dunque arrivato il turno del quinto figlio, Ben, il bambino diverso, quell’ultimo nato che avrebbe segnato definitivamente la vita dei Lovatt che da ricerca spasmodica della felicità si tramutò in emergenza quotidiana. Nel romanzo della Lessing, Il quinto figlio è colui che introduce la diversità, e dunque la disabilità, negli ambienti domestici e familiari e rappresenta uno stato di emergenza eccezionale che diventa quotidianità. Il quinto figlio altri non è che l’imprevisto che irrompe nella normalità quotidiana, che spezza gli equilibri consolidati e obbliga a confrontarsi con problemi prima impensati e impensabili. Quell’imprevisto a cui tutti sono potenzialmente destinati ma che trova sempre e comunque tutti impreparati e inermi. Un imprevisto che oggi muta la propria accezione culturale passando da evento eccezionale a condizione normale. La “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede infatti un concetto di disabilità ormai esteso dal modello medico a quello bio-psico-sociale comprendendo chiunque, in maniera permanente o temporanea, si trovi ad avere delle difficoltà nei movimenti (comprese donne in gravidanza, persone con passeggino, anziani, bambini, individui convalescenti o con un’ingessatura agli arti, obesi, cardiopatici, ecc.) o nelle percezioni sensoriali (ciechi e ipovedenti, sordi e ipoacusici), nonché le persone con difficoltà cognitive o psicologiche, richiamando l’attenzione sulle possibilità di partecipazione delle persone, negate o favorite dalle condizioni ambientali. L’attenzione viene così spostata dalla disabilità dell’individuo all’inadegatezza dell’ambiente, che può presentare barriere o facilitatori che annullano le limitazioni e favoriscono la piena partecipazione sociale.

Il quinto figlio obbliga al progetto. Progettare per il quinto figlio vuol dire adattare gli ambienti di vita alle esigenze della disabilità, di qualunque tipo essa sia, secondo la concezione allargata che si sta attualmente radicando nella coscienza collettiva. Significa risolvere problemi di accessibilità alla normalità, misurare rigorosamente spazi e tempi per permettere di superare gli ostacoli, che sono fisici ma anche psicologici e culturali.

Il design per il quinto figlio non è un prodotto progettato e commercializzato a partire da approcci forse un po’ retorici prossimi all’universal design ma è design senza designer, auto-costruzione di estensioni del corpo e dello spazio, adattamento delle case e degli oggetti all’evoluzione progressiva e imprevedibile delle disabilità. Il design per il quinto figlio non è risposta a necessità universali ma a bisogni specifici legati all’ergomonia di un singolo individuo che solo un familiare è in grado di riconoscere, di affrontare e di risolvere ricorrendo ad una ostinata progettualità che è prima di tutto risposta ad un’emergenza quotidiana singolare ma che può anche diventare risposta ad esigenze condivise da una moltitudine di individui con problemi simili, e dunque in ultima istanza anche prodotto commerciale.

Enrico Cicalò

DESIGN ALTRI ARTICOLI

PRECEDENTI

PRECEDENTI

IN EVIDENZA

IN EVIDENZA

NUOVI

NUOVI