Design in emergenza

Lezioni perugine

10.08.19 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Design in emergenza

Nel 2017 ho tenuto un corso di design presso l’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia in collaborazione con mio figlio Mattia. In questo senso ci siamo chiesti che tipo di domande dobbiamo porci oggi, in questo presente, per pensare attraverso il disegno lo spazio e gli oggetti. Quindi abbiamo pensato di mettere “in emergenza” il design per provare a relazionarci con quello stato di non quiete, di fine del mondo, in cui tanti, troppi, vivono oggi, costretti come sono a fuggire verso la fortezza Europa. L’emergenza d’altronde è sia “atto di emergere” che lo stato di una “crisi profonda”. Le domande che abbiamo posto agli studenti sono apparentemente semplici: “cosa porteresti via con te in caso dovessi fuggire da un momento all’altro?” e “che tipo di oggetto inventeresti per contenere quella cosa?”.

Questioni più urgenti si nascondono in queste domande: da un lato l’empatia nel tentativo di comprendere le vite che non sono direttamente la tua, ovvero chi quotidianamente è costretto a far quel tipo di scelta, dall’altro il pensare, su un piano prettamente personale, cosa riteniamo necessario per noi stessi. Ci siamo avvicinati a tali riflessioni attraversando il mondo del pensiero critico, dell’arte e di alcuni designer. Questo oggetto nomade, trasportabile, che contiene ciò che vorremmo portare sempre con noi non poteva che essere suggerito da Marcel Duchamp che, in altri tempi in cui si era costretti a fuggire, pensò le sue Boîte Verte e Boîte en valise. Una sorta di museo nomade.

Altre due questioni determinanti nell’affrontare la creatività nella sua forma più autentica, e quindi comune a tutti gli esemplari dell’animale uomo, sono la riproducibilità e la non autorialità. Quindi occorre riferirsi a Bruno Munari e alla sua attenzione verso un designer anonimo, ignoto, sconosciuto. E poi a Enzo Mari e al suo sguardo verso un’artigianalità dei molti, dell’uso, e della forza di una capacità creatrice diffusa. Un po’ come se queste scatole, valigie, oggetti di trasporto in realtà non venissero che create ogni giorno dai “salta a bordo” che attraversano il pianeta. Un esemplare di uomo che conserva gli oggetti che più gli appartengono, legati alla sua realtà quotidiana in un progetto di design “necessario” per continuare a sopravvivere, ma allo stesso tempo zingaro e dedicato alla libertà di movimento, conservando e rispettando questa tradizione di vita nomade, perché d’improvviso hai la necessità di partire e sei improvvisamente senza casa e in condizioni precarie.

Precarietà o provvisorietà sono la stessa condizione, che ha il potere di trasformarti in un essere umano invisibile ai più, ignorato e indifeso, e solo la potenza creativa può essere il riscatto per riuscire a imparare a riconoscere le false scommesse imprenditoriali, valorizzando la flessibilità e l’imprevedibilità del quotidiano, con la forza e il desiderio di riconoscere la libertà individuale. Quella libertà individuale che nei momenti di difficoltà si trasforma in grande capacità di cooperazione, che contraddistingue la nostra specie: e allora basta vedere le autocostruzioni create nella jungle di Calais: “un mondo sotto il mondo” ci viene da dire con Profezia, poema magnifico e attualissimo di Pier Paolo Pasolini.

Perciò dove cercare la nuove forme che attaccano e si relazionano al presente?

Questo tipo di potenza creatrice abbiamo voluto giocarla insieme agli studenti dell’Accademia di Perugia e ne sono nati progetti carichi di emergenza ma anche di felice forza ludica. Perché i privilegi che viviamo da questa parte del mondo non devono fermare la nostra immaginazione ma connetterla con chi sta arrivando o è già arrivato. Inoltre è stato interessante anche l’approccio di un gruppo di studenti del corso provenienti dalla Cina, in quanto hanno rappresentato un ulteriore sguardo di migrazione, di alterità. Infine, un oggetto che ci ha colpito è quello pensato proprio da una studentessa cinese che, appassionata di musica in vinile, ha progettato un manufatto per portare con sé quei suoni e quelle parole di cui non può fare a meno, mentre una studentessa italiana ha ideato una valigia che contiene tutto il necessario per disegnare. Perché quello che intendevamo comunicare nel corso delle lezioni è proprio guardare all’emergenza con uno sguardo utopico, in quanto è solo grazie alla proiezione verso i desideri e le possibilità di realizzarli che possiamo immaginare una vita fuori da questo presente asfissiante.

Mattia Pellegrini e Pietro Carlo Pellegrini

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