Come si progetta un oggetto di Design: la concretezza di un sogno

21.11.18 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Come si progetta un oggetto di Design: la concretezza di un sogno

Progettare deriva dal verbo latino pro jectare, gettare oltre. Congetture, idee, stati d'animo e sogni che, grazie allo slancio della fantasia, superano le barriere rappresentate da convenzioni e convinzioni. Qui il gioco di parole non è capzioso e la questione dei sogni oggi è fondamentale.

Il design è cambiato molto negli anni: il dopoguerra mancava di tutto e occorreva proporre l'idea di un mondo nuovo, che utilizzasse la plastica, neonato materiale innovativo e malleabile, e ci smarcasse dai salotti polverosi della borghesia, dalle tappezzerie e dai mobili capitonnè.

Oggi il ruolo di un progetto deve considerare altri presupposti, in quanto la marea di prodotti che ci sommerge necessita di una coscienza in cui la riduzione dei materiali e l'uso responsabile delle risorse facciano da padrone. Ciò che acquistiamo, inoltre, ci deve apparire personalizzabile e, se possibile, unico.

Un oggetto di design deve rappresentare un desiderio da soddisfare, il sogno di un oggetto perfetto, bello, elegante.

Noi designer abbiamo la presunzione di pensare che il mondo sia perfettibile e ricerchiamo costantemente di migliorare l'esperienza delle nostre azioni quotidiane attraverso gli oggetti. Ma che cosa determina il successo di un prodotto?

Credo che la chiave di accesso al cuore del pubblico sia l'emozione. I prodotti devono essere ecologici, riciclabili e smaltibili, unico dogma da cui occorre partire per un buon progetto, ma la ricerca deve portare ad oggetti che accendano l'animo di ogni possibile acquirente e stabiliscano con esso una connessione emotiva, una stessa chiave di lettura che passa attraverso l'emozione e la poesia.

In questo modo le regole del gioco in cui si muove il designer diventano più numerose e il progetto assume, a mio avviso, i connotati complessi di un percorso in cui fantasia e creatività, lontane dalla pura e sterile speculazione, devono svilupparsi in una rete di vincoli, che rendono la progettazione più avvincente e il risultato molto più interessante.

 

NU MOOVE

Progettare un soffione significa immaginare cosa accade sotto di esso, i gesti e le dinamiche di chi lo utilizzerà, forse anche una persona con abilità ridotte. Cosi è accaduto per Nu e Moove, due soffioni sviluppati per Fima di cui il secondo è una variante del primo, basata sugli stessi concetti di personalizzazione ed uso innovativo.

Per entrambi sono partito dalla riflessione sulle geometrie umane: il nostro corpo, in pianta, è un rettangolo e solo un soffione che gli corrisponde permette all'acqua di lambire il corpo evitando lo spreco di acqua che si ha con altre geometrie.

L'uso di un telaio in acciaio e l'adozione al suo interno di tre piccoli soffioni imperniati su un crociera cardanica permette di orientare a 360° ogni soffione. Si ha così la massima adattabilità alle esigenze dell'utente, un uso razionale dell'acqua e la minimizzazione dei materiali utilizzati.

 

STRUTTURADUE, STRUTTURAQUATTRO

“Sentire” il tavolo come centro del focolare, punto di aggregazione e supporto per il lavoro, base fisica per le attività creative o mastello per l'alchimia della cucina.

Da questi presupposti è nata la ricerca che ha portato alla realizzazione di una serie di tavoli per Liberostile, di cui Strutturadue e strutturaquattro sono un esempio.

Le gambe, sotto al tavolo, devono trovare pochi impedimenti e tanto spazio, visivamente serve purezza ed essenza.

Era necessario fare geometria, disegnare forme che fossero prima di tutto funzioni, tensioni, compressioni di forze. Non era concesso eccedere nel materiale e serviva procedere con rigore. Eliminare il superfluo.

Il risultato sono strutture essenziali, eleganti, che richiamano alla solidità di uno scheletro e all'armonia di un organismo vivente.

 

HOM

Più complesso il discorso sviluppato per Hom, un brand che nasce come spin off di una nuova tecnologia riscaldante: una piastrella sinterizzata che ospita al suo interno un filo resisitvo il quale permette di scaldarla secondo modalità e gradienti predefiniti.

In questo progetto la necessità era di far conoscere e prosperare un nuovo brand, perciò si è scelto di identificarlo con una innovazione tipologica. Sono stati sviluppati, quindi, dei riscaldatori a bassissima potenza che possono essere installati senza predisposizione alcuna per asciugare e riscaldare i propri capi, gli accappatoi o gli asciugamani.

Un prodotto innovativo dedicato esclusivamente al benessere che risponde ad una necessità non ancora soddisfatta altrove.

Davide Vercelli

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