Magari sogniamo, ma non sempre abbiamo la forza necessaria per trasformare il nostro immaginario nella conseguente realtà. Forse – e dico forse – è semplice immaginare una sedia e poi realizzarla, una lampada e poi produrla, ma quando a un designer si richiedono più ampie visioni, si chiede di progettare società, landscape & urbanscape, di ideare contesti e luoghi capaci di ospitare una rinnovata umanità, allora il compito diventa tanto più complesso, quanto più interessante. Ardito, oserei dire. Mentre rifletto su questo punto mi sorgono alcune domande. Si possono progettare condizioni che rendano possibili una migliore qualità del vivere? Una sua pienezza?
E quale diventa in questa peculiare espressione del design la dotazione necessaria per svolgere con eccellenza il proprio lavoro? A quale campo della conoscenza un designer può far riferimento per progettare in tal senso? E soprattutto come può diventare possibile un design delle relazioni improntate sul valore (quanto mai necessario in questo tempo)?
La prima considerazione che provo a fare, seguendo questo pensiero, è che certo un design armonico, un competente uso di colori e materiali e la creazione di spazi capaci di accogliere integralmente la nostra umanità può essere un punto di partenza. E ne abbiamo luminosi esempi.
Molti progettisti son capaci di rispondere alle esigenze non solo fisico-materiali, ma anche emotive, intellettuali e spirituali dei fruitori nel concepire oggetti, ambienti o spazi.
La seconda considerazione insiste sul concetto di design delle relazioni e mette in campo un design del sottile, cui forse è più difficile far riferimento. Mi chiedo infatti quali siano i materiali da costruzione che dovremmo prendere in considerazione e selezionare. Se la realizzazione di una lampada presuppone la conoscenza di principi di illuminotecnica e nozione delle sorgenti di luce disponibili, che siano incandescenze, fluorescenze o vapori di mercurio, cosa dobbiamo indagare per progettare nuove relazioni e condivisioni sociali? Quali sono i materiali costitutivi delle relazioni? Forse possiamo partire da un utilizzo consapevole di materiali impalpabili quali fiducia, pazienza, ascolto, comprensione e amore.
Quest’ultima “materia” soprattutto mi interessa, non sentimento, ma effettiva energia costituente dell’universo. Quell’energia dinamica che riesce a dar vita ai progetti a tenere unite cose anche apparentemente distanti, a dare senso a quella manciata di anni che passiamo su questo pianeta. A rendere possibile tutto. Soprattutto l’impossibile.
Quell’amore che costituisce energia dinamica e armonica… corrente sotterranea che vivifica ogni cosa e che letteralmente muove il sole e le altre stelle.
Ecco forse per un raffinato design delle relazioni, si tratterebbe di avere il coraggio di mettere l’amore al centro della progettazione. Come sorgente infinita di creatività.
Cinzia Piloni