Il 28 Novembre scorso, nell’Agorà de la Triennale, è stato presentato ed illustrato il progetto Giochi per la Storia – Design e bambini in dialogo.
Essendone il coordinatore, mi piace raccontarlo ai lettori di Riflesso: nel panorama fibrillante del fenomeno Design questo progetto mi sembra portatore di un messaggio insolito: stavo per dire nuovo ma non vorrei che qualcuno – come capita alle buone idee anche in altre aree del mondo –non vi avesse già pensato.
Analizzare e favorire l’avvicinamento dei bambini e ragazzi al mondo del progetto non è infatti un proposito nuovo. Qui di nuovo ci sono almeno tre elementi: il punto di partenza, tentare di attrezzare i parchi e i giardini storici con giochi per bambini compatibili dal punto di vista estetico con l’ambiente in cui sono inseriti; stimolare i bambini della scuola materna a suggerire spunti ed idee che permettano ad esperti di costruire scenari che diventino piattaforme da cui designer professionisti, coordinati da uno specialista di questa merceologia, deducano concept per sviluppare prodotti; aziende del settore pronte a realizzare prototipi da ingegnerizzare tenendo conto delle delicate normative sui giochi all’esterno per l’infanzia.
Ciascuno di questi elementi è presidiato da uno dei componenti il team: il punto di partenza dall’arch. Marina Rosa, Presidente del Centro Documentazione Residenze Reali Lombarde; la stimolazione dei bambini della scuola dell’infanzia – in questo caso, quella dell’Istituto scolastico Salvo d’Acquisto di Monza – dall’Atelierista Daria Manenti; la formulazione degli scenari ed il passaggio da quelli da trasferire ai designer, da Michele Zini, progettista di asili nido e scuole, autore del Children Park Expo 2015 ed estensore del briefing di impianto; la supervisione degli aspetti pedagogici, da Susanna Mantovani dell’Università Milano Bicocca, dove insegna Pedagogia e Culture dell’Educazione; il coordinamento del progetto ed il contatto con le aziende produttrici da Rodrigo Rodriquez, imprenditore.
Una peculiarità di questo progetto rispetto alle modalità con cui si sviluppa un normale progetto di design del prodotto o dei servizi, è stata l’attenzione di noi membri del team alle caratteristiche del fruitore dei giochi all’esterno che ne scaturiranno.
Negli scambi di idee preliminari abbiamo raggiunto una ragionevole sintonia sulla cultura dell’infanzia che individua il bambino come un soggetto competente, che considera l’infanzia un tempo di immense potenzialità nel quale i bambini, attraverso le relazioni, l’esplorazione, l’incontro con ambienti, materiali, esperienze e linguaggi possono cominciare a costruire la conoscenza e ad esprimere la propria personalità.
Il bambino come esploratore che conosce il mondo attraverso tutti e cinque i sensi (con processi cognitivi caratterizzati da forte sinestesia), come soggetto che sperimenta relazioni con gli altri e con i luoghi e come individuo sensibile alla bellezza e alla grazia che si merita giochi da esterno sensoriali, relazionali, belli.
Per me è e continuerà ad essere un’esperienza nutriente (quante cose ho imparato da Susanna Mantovani e Michele Zini ) fino a che i prodotti, di cui oggi abbiamo da vedere e da toccare i prototipi, andranno sul mercato accompagnati da un’adeguata comunicazione.
Per deformazione professionale ho assistito con interesse alle discussioni sui materiali da scegliere per alcuni dei progetti, anche per tener conto che il bambino, come si diceva, usa per il suo stare al mondo tutti e cinque i sensi.
Altro aspetto interessante come si prevedeva, è il modo diverso con cui i sette designer – Aldo Cibic, Paolo Lomazzi, Alberto Meda, Substrato di Marcello Brambilla e Valentina Moraca, Donata Parrucini, Tullio Zini e Zini ZPZ Partners – hanno “lavorato” sulla materia prima consistente nelle immagini prese e commentate dall’Atelierista e raccolte negli album delle Elaborazioni dei bambini sul tema dei Giochi all’Aperto.
A giudicare dall’attenzione con cui il pubblico ha seguito al presentazione del 28 Novembre, mi vien da dire che Giochi per la Storia – Design e bambini in dialogo, è proprio un bel progetto.
Rodrigo Rodriguez