Salvatore Garau e la sua concezione di arte immateriale

17.06.21 , Arte , Valeria Torchio

 

L'artista Salvatore Garau

Salvatore Garau (Santa Giusta, 1953) è l’artista sardo il quale, in queste ultime settimane, ha fatto scalpore per la vendita in asta, presso la casa Art-Rite di Milano, della sua opera “Io sono” avvenuta il 18 maggio 2021. Perché mai un’opera d’arte è riuscita a destare così tanti dissidi? Eppure, in riferimento alle proposte di arte contemporanea, non siamo ormai “pronti a tutto”, in termini di esposizione di progetti alquanto stravaganti, definiti spesso dissacranti? In questo caso specifico, quello che ha spiazzato e lasciato incredulo il pubblico, è stata la proposta del nulla, del vuoto più assoluto, di “aria”, dunque. L’intervento gestuale dell’autore non è sussistito. Lo sgomento generale è stato ulteriormente accentuato dal fatto che “Io sono” sia stata venduta a 15.000 euro. Il progetto di opere che non esistono di Garau (il quale aveva esposto nel febbraio scorso in Piazza della Scala a Milano la sua installazione “Buddha in contemplazione”), non si ferma a questa prima vendita ma intende proseguire. Nascerà di fronte alla Federal Hall e a pochi passi dalla Borsa di New York, “Afrodite piange”, la terza di sette opere “immateriali” dell’artista sardo che verranno collocate in altrettante città sparse in tutto il mondo.

Opera "Io sono"

Salvatore Garau e il suo concetto di vuoto

Come suggerisce una nota, le sculture immateriali di Salvatore Garau, hanno una nuova valenza storica e rappresentano una perfetta metafora dei nostri giorni, andando ben oltre come concetto e linguaggio all’arte digitale, perché sono uniche, irripetibili, con zero impatto ambientale e perché, a differenza dell’arte digitale, non esiste nemmeno l'immagine, lasciando all’acquirente il solo certificato di autenticità. Ecco quanto sostiene lo stesso Garau circa il concetto di vuoto. «Il vuoto non è altro che uno spazio pieno di energia, e se anche lo svuotiamo e resta il nulla, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, quel nulla ha un peso. Nel momento in cui decido di "esporre" in un dato spazio una scultura immateriale, quello spazio concentrerà una certa quantità e densità di pensieri in un punto preciso, creando una scultura che dal solo mio titolo prenderà le più svariate forme. In fondo non diamo forse forma a un Dio che non abbiamo mai visto? Forse le mie opere invisibili fanno paura perché sono un contenuto di pensiero in costante fluttuazione, di poesia pura. Ho venduto un niente ma colmo del tutto come dimostra la vitalità che la mia opera ha generato».

Opera "Buddha in contemplazione" 

La genesi dell’arte immateriale

La genesi del concetto di vuoto sostenuto da Garau va ricercata in un percorso articolato, che trova il suo punto di partenza esattamente 104 anni fa, con la proposta dei ready made di Marcel Duchamp, concetto per il quale qualunque oggetto di uso quotidiano diventa arte se è un artista ad affermarlo. Garau si è spinto ancora oltre, arrivando a sostenere che anche il nulla può essere un’opera d’arte, purché lo dica un artista. Un’idea che rimanda comunque alla commistione tra la stagione concettuale degli anni Sessanta e il Minimalismo. Il “Manifesto per l’Esposizione internazionale di Niente” risalente agli anni Sessanta, ne è un chiaro riferimento, firmato, tra gli altri, da Enrico Castellani, Otto Piene e Piero Manzoni. Altro emblematico portavoce della nozione di vuoto in arte, è stato Yves Klein. Nella galleria Iris Clert di Parigi, nel 1958 si tenne una sua mostra conosciuta come “Le Vide” (Il Vuoto). Secondo l’artista, il vuoto non esisteva effettivamente nel mondo e la sua creazione era possibile soltanto con lo sforzo dell’immaginazione dell’uomo. Egli affermò: «Voglio superare l’arte (superare la sensibilità, superare la vita), voglio raggiungere il vuoto». Questo suo ambizioso progetto, mirava alla cancellazione dei mezzi e delle forme tradizionali dell’arte e alla sua evoluzione verso l’immateriale.

Opera "Afrodite piange"

I giudizi relativi alle proposte di Salvatore Garau

In riferimento alla proposta di Garau, come accennato, molti utenti (anche appartenenti al mondo dell’arte) si sono fatti coinvolgere dalla questione, sollevando critiche perlopiù negative. Questo, soprattutto per il fatto che, l’arte dell’autore in questione, non sia materica. C’è chi ha sostenuto fermamente che, nel momento in cui l’arte non si può toccare con mano, non può essere definita tale ma, semmai, può essere denominata quale musica, poesia o letteratura. Si sa, i giudizi personali non possono definirsi né corretti né scorretti, poiché impera la libertà di pensiero ed espressione. Bisogna, però, a questo punto, far luce sulla nozione di arte contemporanea, per riuscire così a delineare appieno l’orientamento dell’artista sardo. L’arte contemporanea può definirsi quale un atteggiamento che si ha verso di essa, non tanto un “modus operandi” specifico, come nel caso di quella moderna o antica. Il punto per molti artisti contemporanei, sta proprio nel non mostrare alcuna destrezza manuale, poiché ciò che costituisce un’opera d’arte non è il mezzo (pittura, scultura o disegno), ma il modo in cui mette in discussione che cosa sia davvero l’arte. Constatato ciò, l’atteggiamento che possono adoperare gli artisti nei confronti della suddetta, può essere di qualsiasi tipo, senza vincoli né schematizzazioni mentali, quindi, di fatto, se un autore definisce arte il vuoto, è libero di farlo. Poi, che la sua concezione trovi pareri positivi o negativi è un’altra questione, poiché in questo caso si tratta di valutazioni del tutto soggettive e relative, ma queste devono necessariamente essere svincolate dalla presunzione di proclamare quale sia la “vera” arte e quale, invece, non lo sia. Questo, dal momento in cui non ci si interfaccia più con l’arte antica (all’interno della quale erano imposti canoni artistici ed estetici ben precisi), ma con quella contemporanea.

 

 

 

 

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