Cosa accade quando l’arte figurativa e quella performativa si incontrano tra di loro? Fin dagli anni Settanta Todi ha subito l’influenza dell’arte contemporanea grazie all’arrivo degli artisti Beverly Pepper, Piero Dorazio, Alighiero Boetti e Gianni Dessì, e la conseguente scelta di dare vita alle loro opere nel centro tuderte. Proprio per rafforzare questo legame con l’arte, nel 2018 a Todi sono sorte le “Officine del Duomo”, luogo poi rinominato “Via degli artisti” che spesso ha trovato nell’occasione di Todi Festival un momento felice di incontro. Tra le varie botteghe che dalla Piazza del Popolo arrivano fino al Palazzo del Vignola, potreste trovare le opere di Antonio Buonfiglio, Luca Leandri, Giorgio Crisafi e Silvia Ranchicchio. Quest’ultima, tuderte di nascita e di formazione milanese, è un’artista che conferisce alla propria opera, sia essa pittura, scultura, installazione, gioielleria, una bellezza dal carattere fortemente materico. "Nembo nel Grembo", la performance di domenica 3 settembre, che ha visto protagoniste Ranchicchio assieme all’artista croata Xena Zupanic, si inserisce nell’alveo di una concezione estremamente contemporanea delle arti. Non esistono più confini netti tra i singoli linguaggi, e sono più che benvenute le collaborazioni e le contaminazioni sia tra materiali diversi che tra modi di concepire l’oggetto o l’azione artistica. «Il teatro», afferma Ranchicchio, «conduce lo spettatore ad una riflessione ragionata, mentre la performance e l’arte contemporanea sono mezzi d’espressione intuitivi, che agiscono all’istante». Zupanic, figura eclettica che passa dal teatro (particolare l’amore per Carmelo Bene) alla moda, dalla filosofia alla storia dell’arte, dichiara quanto la sua arte racchiuda quella teatrale ed artistica e ne costituisca l’elemento unificante: «il performer è un alchimista che fa partire il suo studio dal teatro e dall'arte, per poi giungere all’azione da presentare al pubblico, conducendolo all’immaginazione».
L’evento ha avuto luogo presso i portici comunali dove Zupanic si è esibita. Una melodia di sottofondo alla performance - che allude al caos primordiale - e la veste bianca dell’artista - allusiva all’abito da sposa - sotto la quale vi sono quattro bambini, dimostrazione dell’atto generativo di forme nuove forme vitali. Segue la fuoriuscita delle “nuove creature dal grembo materno” - simbolo di rinascita e di speranza - che con passi non ben definiti, raggiungono le sculture di Ranchicchio, posizionate al centro di Piazza del Popolo. Sullo sfondo, la performer percorre lo spazio circostante la piazza, fino a raggiungere le scale del duomo. Le sculture, di forma circolare, sono interrotte e non seguono il loro corso regolare, metafora della società moderna smarrita nelle sue preoccupazioni, come avesse perso “la sua retta via”. A tal proposito, Ranchicchio aggiunge: «la mia arte, basata sulla lavorazione di materiali come il ferro e l’argilla, è legata alla terra ed all’umanità; in questo senso, il valore delle opere mostra visivamente il significato dell’intera performance». A conclusione dell’evento, la visita della mostra fissa nello spazio Artout (Via del Mercato Vecchio 2), con opere di artisti, del territorio e non, impossibili da classificare in un unico genere - per questo chiamata Unclassifiable. Rappresentazioni di diverse tecniche artistiche che talvolta criticano il mondo circostante, ironizzando o semplicemente rappresentando una realtà cruda così come è. Quella di domenica è stata la testimonianza di come arti, seppur differenti tra loro, possano collaborare per denunciare e cercare di mettere a tacere, anche se per pochi attimi, la barbarie dei nostri giorni.
Sara Cecchini