Nota anche che il tronco si divide in due rami e che questi si dividono ancora in due, e così ancora ed ancora fino a quando tu hai un intero albero sia esso diritto o curvo in alto o in basso o inclinato per via del vento”. E poiché, come dichiara un proverbio orientale, “la perfezione è bella ma è stupida: bisogna conoscerla ma romperla”, una volta che lo schema è noto si hanno tutti gli elementi per abbandonarlo e superarlo.
Basti pensare a come sia possibile riconoscere la mano di un artista proprio dal suo modo individuale di rappresentare la natura. Un aspetto, questo, reso evidente dal lavoro di astrazione fatto da Tullio Pericoli che ripercorre la storia dell’arte a partire dalla decontestualizzazione degli alberi dai relativi quadri, facendone l’elemento per ritrarre e identificare l’autore.
Dalla simmetria e dal rigore geometrico degli alberi sagomati di Paolo Uccello, alla rappresentazione contorta e i colori densi e vivaci di Vincent Van Gogh, alle chiome concepite come macchie di colore racchiuse tra le linee dinamiche di Paul Klee.
E poiché con il trascorrere delle epoche variano anche gli stili e le stagioni, perché non riassumere correnti artistiche e architettoniche in forma di albero di Natale? Da quello gotico, leggero e slanciato, a quello barocco, rigoglioso e riccamente ornato, a quello minimalista, dal volume conico, puro ed elementare. O ancora, perché non immaginare come celebri architetti contemporanei avrebbero pensato o penserebbero il proprio? Ridotti di scala, schemi compositivi e ossatura strutturale diventano gli elementi per riconoscere gli alberi di Natale associati a Frank Gehry, a Zaha Hadid o a Santiago Calatrava.
Non resta quindi che provare a disegnare il vostro, abbandonandosi a quel senso di meraviglia e leggerezza provocato “dall’aprirsi inatteso della porta e l’apparire di un albero adorno di candele, mele e dolciumi”, o meglio, di ciò che più vi piace.
Giovanna Ramaccini