A Fermo Cristo Nasce Ogni Notte

Senza la mirabile intuizione di Roberto Longhi probabilmente le Marche avrebbero perso un'importantissima occasione per affermarsi definitivamente come lo "scrigno d'incubazione" del barocco.

28.06.17 , Arte , Collaboratore Riflesso

 

A Fermo Cristo Nasce Ogni Notte

Nel 1927 infatti il grande storico dell'arte Longhi riconosce al dipinto "L'Adorazione dei Pastori", collocato nella Cappella Costantini della Chiesa di San Filippo Neri a Fermo, l'indubbia paternità di uno dei mostri sacri della pittura: Pietro Paolo Rubens.

Solo nel 1954 la sua perspicacia venne confermata da Francesco Maranesi, quando ritrovò nell'Archivio arcivescovile di Fermo alcuni documenti contrattuali nei quali viene confermata la commissione di un'opera al pittore fiammingo, che per la somma di "dugento scudi", in soli tre mesi (da marzo a maggio 1608), compose una delle sue opere più complete, che venne in seguito ribatezzata dallo stesso Longhi "La Notte di Rubens a Fermo", per la buia e orfana condizione in cui per tanti anni si è cercato il vero e misterioso nome dell’ artefice della grande tela.

L'allora Rettore della Congregazione dell'Oratorio dei Filippini di Roma, padre Flaminio Ricci, scrive il 31 maggio 1608 al confratello di Fermo Francesco Francellucci prima di spedire l'opera nella Marca: "Di questa settimana ho condotto due miei amici intelligenti di pittura a vedere il quadro ormai compito. Uno è un religioso laico e valente pittor chiamato P. Blasio de' Padri Theatini di Monte Cavallo. L'altro è il Sig. Giovan Battista Crivelli, gentil huomo romano. Ad ambedue è piaciuto molto, et mi hanno detto che il danaro è stato speso benissimo e darà gran soddisfazione". Sir Pieter Paul Rubens, secondo Giuliano Briganti, può considerarsi l'archetipo del barocco e ci tengo a precisare, come già fece Bernard Berenson, che egli fu fiammingo solo per nascita, perché l'anima e la sua maniera di pitturare possono ascriversi senza dubbio alcuno nella storia dell'arte italiana, giacché tanti sono i tratti caratteristici che lo rendono affine e lo fanno aderire perfettamente allo sviluppo pittorico che si era avviato esclusivamente in Italia col Rinascimento e che compiva ora uno dei suoi più importanti giri di boa.

Nel 1600 il nostro Pietro Paolo partì da Anversa alla volta del Bel Paese, in un viaggio/soggiorno che durò circa otto anni e lo portò a scoprire ed ammirare la pittura veneta e i capolavori universali vaticani. Fu pittore ufficiale alla corte del Duca Gonzaga di Mantova perché si distinse da subito per le sue squisite e spiccate doti ritrattistiche. La sua tecnica è pervasa da un ritmo infinito, fastosa e carica di forza, con evidenti retaggi classicheggianti, che nonostante tutto non fermarono l'inevitabile anticipazione del puro barocco berniniano. Nel dipinto di Fermo, ora conservato presso la Pinacoteca Civica, è palese la maestosa grandiosità della vena artistica del Rubens: nella notte più santa di tutta lo storia del mondo alcuni pastori giungono con affettazione presso la capanna dove il Re dei Secoli ha preso le sembianze umane, venendo alla luce come un dolce infante, beato nel tranquillo sonno, sorvegliato dall'amorevole sguardo della Vergine e dalla presenza di San Giuseppe. Più che venire alla luce, letteralmente, nel quadro è la luce che viene dal Bambinello, dipanandosi delicatamente nello spazio semi buio dell'ambiente circostante. È percettibile la sensazione del gradevole tepore sprigionato dal tono luministico del calore emanato dal piccolo Gesù, a cui fanno da corona un turbinio di angeli, sorreggendo un cartiglio con l'annuncio della nascita del Salvatore, come solenne tripudio dell'infinito ed eterno momento. Quest'opera fra tutte quelle del Rubens è l'unica felicemente matura, come dichiara il Longhi, l'unica che in un equilibrio classicamente veneto anticipa la piena misura del Rubens come genio barocco, che scaturirà dopo il suo improvviso e forzato ritorno ad Anversa, per assistere la mamma nella malattia. Forse se Pietro Paolo fosse rimasto per sempre in Italia, come avrebbe desiderato, la storia dell'arte non sarebbe la stessa che conosciamo ora, data la voracità con cui assimilava i diversi stili, rielaborandoli poi alla sua personalissima maniera.

Carlo Trecciola

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