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Il Santuario di Mongiovino e la testimonianza del culto per la divinità

Mercoledì, 09 Aprile 2014,
Arte,
A prescindere dal fatto di essere credenti o meno, non si può rimanere indifferenti alla sacralità che trapela dall’antico borgo medievale fortificato di Mongiovino e dal santuario che lo sovrasta. Mongiovino, sulle colline sempre verdi di Panicale, in direzione di Tavernelle, significa letteralmente “Monte sacro a Giove” a testimonianza del culto per la divinità che anticamente c’era in questa zona. Non si sa di preciso quando iniziarono i lavori di costruzione del santuario, uno dei luoghi di culto italiani più visitati da fedeli e pellegrini, ma un documento conservato alla Biblioteca Augusta di Perugia attesta che già nel 1513 era partita la realizzazione di una cappella volta a proteggere e conservare un’edicola raffigurante l’immagine della Vergine in trono con il Bambino del XIV secolo. Questa cappella fu poi inglobata nell’architettura del santuario divenendone il vano absidale. La storia di questo santuario mariano si fonda non su una ma su due storie miracolose:la prima racconta che la pastorella Andreana, mentre governava il gregge vicino a un pozzo dove era stata collocata un’edicola votiva della Madonna con il Bambino, sentì la Vergine Maria che la chiamava e le chiedeva di adoperarsi per ripulire quel luogo di venerazione da sterpi ed erbacce e renderlo un decoroso luogo di preghiera. La seconda storia ha come protagonista San Giorgio, il quale, vista la misera quantità di pane raccolta da Andreana durante la questua per procurare il pasto ai lavoratori impegnati nel cantiere della chiesa, interviene e fa sì che dal sacco semivuoto della pastorella venga fuori tanto pane quanto ne occorra per saziare tutti. Leprove dei due miracoli naturalmente non ci sono. Rimane però l’affresco con la Vergine in trono con il Bambino dell’edicola votiva. E non importa se sia esattamente l’immagine del miracolo, poiché quella tenerissima immagine il suo miracolo l’ha già fatto quando attorno a sé ha visto prima alzarsi i muri del santuario – che ha una pianta a croce greca ed è opera del grande architetto bramantesco Rocco da Vicenza – , e poi quando ha richiamato artisti che hanno ricoperto i muri dell’edificio di grandi capolavori. Gli affreschi che sono conservati all’interno sono considerati il più importante esempio di manierismo in Umbria. All’incrocio dei bracci spicca la cupola ottagonale sorretta da quattro pilastri quadrati e da volte. All’interno quattro cappelle: Cappella della Resurrezione, dell’Ascensione, della Madonna, della Madonna del Rosario. É evidente la profonda simbologia sacrale alla base della concezione di questa chiesa, vero e proprio luogo di pellegrinaggio: l’entrata e l’uscita sono in asse con il centro della cupola e il passaggio materiale attraverso questi elementi architettonici simboleggia quello spirituale di penitenza, purificazione, contemplazione della gloria celeste raffigurata nella cupola. Ognuna delle facciate esterne è scandita da quattro ordini di lesene giganti e sulla facciata del fronte nord e del fronte sud spiccano due grandi portali riccamente scolpiti, ornati da doppi ordini di colonne e protetti da tetti sporgenti che formano dei pronai. Molti furono gli scarpellini che decorarono con bassorilievi gli stipiti degli archi dei portali abbellendoli con decorazioni di eccezionale bellezza. Tra i tanti possiamo ricordare Lorenzo da Carrara e Bernardino da Siena. Il santuario è tutto realizzato in pietra arenaria proveniente dalla vicina cava della Petraia e da Cibottola. Bellissime le sculture in terracotta nelle nicchie dell’organo eseguite da Bevignate da Perugia e Arrigo Fiammingo.Tra le opere pittoriche non si può non ricordare la Deposizione dalla croce di Arrigo Fiammingo, la Resurrezione di Nicolò Pomarancio, l’Incoronazione di Maria rappresentata sulla cupola da Mattia Batini. Il santuario è stato completamente restaurato in occasione e con i fondi del Giubileo del 2000.

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