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Il Santuario della Madonna dell’Acquasanta a Piedicolle: un simbolo di religiosità popolare

Giovedì, 01 Agosto 2013,
Arte,
In una regione di santi e luoghi di culto dalla storia plurisecolare quale la nostra, lo studio dei santuari si è rivelato un utile strumento per indagare le modalità attraverso cui le comunità hanno costruito, reimpiegato o reinventato i luoghi più idonei alle loro esigenze religiose ed esistenziali. Bisogna precisare che non tutti gli edifici di culto sono dei santuari. Solo di rado le chiese parrocchiali o conventuali hanno diritto a questo nominativo, in quanto, di solito, non vi si trovano la tomba o le reliquie di un santo particolarmente venerato e non vi si verifica il pellegrinaggio annuale che costituisce il criterio minimo e indispensabile perché si possa parlare di un santuario. Alcuni dei santuari umbri sono famosissimi, ad esempio quello di Assisi, luogo di incontro universale, ma la stragrande maggioranza di essi godono di una fama regionale o locale e non sono per questo meno interessanti dei grandi. Emerge in Umbria una preponderante presenza di santuari mariani, la maggior parte costruiti fra il XV e il XVIII secolo. Alcuni santuari sono sorti con funzioni terapeutiche e apotropaiche, altri con finalità di pacificazione tra comunità confinanti. Ce ne sono diversi legati a polarità economiche (fiere, commercio), alla fecondazione, fino ai santuari “de repit”, dove i genitori portavano i bambini morti prima di essere stati battezzati. A riprova del fatto che l’Umbria è una “terra d’acqua” molti sono i santuari mariani eretti per celebrare i miracoli legati all’acqua. Tra questi il santuario della Madonna dell’Acquasanta a Piedicolle, nel comune di Collazzone. Il santuario si trova lungo il fosso dell’Acquasanta, poco distante dal fiume Tevere, in un’area che per secoli ha rappresentato un’importante zona di confine fra il comune di Todi e quello di Perugia. La chiesa, chiamata anche Madonna del Piano (dall’area semipianeggiante dove sorge) o anche del Pegno (con richiamo alla speranza e alla riconoscenza dei devoti) sorse con molta probabilità intorno a un’edicola contenente un affresco, databile alla prima metà del XVI secolo, rappresentante la Vergine in trono che sostiene il Bambino che, in piedi, è intento a giocare con il piccolo san Giovanni che gli porge un cardellino. Tra i santi che affiancano la Vergine S. Sebastiano e S. Rocco, la cui presenza denota una probabile funzione dell'edicola contro il flagello della peste, che tra il 1522 e il 1529 era drammaticamente giunta in diocesi di Todi. L’affresco venerato è stato attribuito ad un artista locale di discreto valore che mostra alcune affinità stilistiche con il pittore perugino Domenico Alfani (prima metà del XVI secolo): l'idea generale della composizione, risulta abbastanza raffinata e potrebbe essere dovuta ad un giovane artista della cerchia alfanesca, chiamato a lavorare in "provincia", magari dopo aver visto qualche opera del pittore toscano Rosso Fiorentino che proprio nel 1527, di ritorno da Roma, fu ospite a Perugia di Domenico Alfani. Fino ad alcuni decenni fa era conservata all’interno del santuario una ricca collezione di ex voto, oggi purtroppo quasi completamente dispersa. Due grandi affreschi che decorano le pareti laterali del presbiterio ricordano un’altra specializzazione protettiva del santuario, quella di difesa dalla forza delle acque del fiume Tevere che scorre a poca distanza dal santuario e che più volte nel corso dei secoli, in particolari circostanze climatiche, ha causato con le sue piene l’inondazione della vallata. Quello di sinistra in particolare raffigura un carro di buoi sulla vallata inondata dal fiume, mentre quello di destra raffigura una zattera di legno in mezzo alle acque sulla quale ha trovato riparo un’intera famiglia di contadini.

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