Seborga: l'autoproclamato principato Ligure

La Città del Vaticano è l’entità statale più piccola riconosciuta, con 842 abitanti. Tuttavia, in Liguria ci sono poco più di trecento persone che non concordano su tale primato; sono gli abitanti di Seborga (Im), che nel 1963 hanno deciso di autoproclamare la propria indipendenza dallo stato italiano e di nominare un principe, Giorgio I (Giorgio Carbone).

11.04.18 , Architettura , Samantha Chia

 

Seborga: l'autoproclamato principato Ligure

Sul territorio europeo esistono diversi microstati, dall’Andorra al principato di Monaco, da San Marino a Città del Vaticano. Quest’ultima è l’entità statale più piccola riconosciuta, con 842 abitanti. Tuttavia, in Liguria ci sono poco più di trecento persone che non concordano su tale primato; sono gli abitanti di Seborga (Im), che nel 1963 hanno deciso di autoproclamare la propria indipendenza dallo stato italiano e di nominare un principe, Giorgio I (Giorgio Carbone). Se il principato fosse riconosciuto costituirebbe il microstato più piccolo d’Europa.  Capire quello che è insolitamente accaduto a Seborga è impossibile senza un breve excursus storico. 

I primi documenti che attestano l’esistenza di Seborga, risalgono al V secolo a.c. La storia del borgo è segnata da diverse annessioni. A dominio della città si sono succeduti i romani, i longobardi, i francesi, fino all’annessione all’impero Carolingio. 

Nel 789 Carlo Magno istituisce la contea di Ventimiglia, che comprenderà anche Seborga fino al 954, anno in cui il conte Guidone di Ventimiglia, in partenza per andare a combattere “contra perfidos Saracenos”, dona il territorio ai monaci benedettini dell’Abbazia di Sant’Onorato di Lerino. A partire dal 1079, con l’autorizzazione di Papa Gregorio VII, gli abati di Sant’Onorato di Lerino assunsero il titolo di Principi-Abati di Seborga, conquistando un’indipendenza che avrebbero mantenuto fino al 1729. A causa della precaria situazione finanziaria della città, i monaci cercarono di risolvere la situazione appaltando la gestione di una nuova zecca per battere monete proprie: i luigini. La situazione economico-finanziaria non sembrò migliorare e i monaci valutarono l’ipotesi di vendere il borgo. Il 1729 è l’anno della fine dell’indipendenza, a Parigi viene sottoscritto l’atto di vendita della città al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II. I seborghini sostengono che l’atto in realtà non venne mai registrato e che non prevedeva esplicitamente che il Re di Sardegna avrebbe acquisito la sovranità su Seborga, ma semplicemente che il territorio sarebbe diventato suo possedimento personale, sul quale avrebbe esercitato il ruolo di protettore. Su questa tesi, gli abitanti sostengono ancora oggi che il territorio sia indipendente, in assenza di un’esplicita clausola sull’atto che prevedesse il trasferimento di Seborga al Re di Sardegna. L’annessione al Regno d’Italia prima, alla Repubblica Italiana poi, sarebbero di conseguenza atti unilaterali e illegittimi, perché violano la legittima sovranità del popolo seborghino. L’esilio dei Savoia nel 1946, per giunta, avrebbe sancito la fine dello ius patronatus, secondo gli abitanti. Oggi, le voci sull’esistenza di un autoproclamato principato in Liguria, alimentano le curiosità di giornalisti e turisti, e appassionati di numismatica e filatelia. Il principato batte l’antica moneta (il luigino) emette francobolli, passaporti, targhe automobilistiche da applicare accanto a quelle italiane. Diversi contenziosi si sono succeduti dal 1963 ad oggi, rivendicazioni e addirittura un tentato golpe, avvenimenti più unici che rari per una piccolissima realtà di provincia. Le vicende politiche della cittadina non devono però far dimenticare il fascino del luogo, centro nominato tra i borghi più belli d’Italia, con tre importanti monumenti religiosi. All’ingresso del paese troviamo la piccola chiesa di S. Bernardo, dedicata a Bernardo di Chiaravalle, costruita in pietra risalente al XIV secolo. Nel nucleo del paese domina la chiesa parrocchiale di S. Martino, costruita intorno al 1615, con facciata barocca che risale alla metà del Settecento. In Piazza S. Martino si trova quella che oggi è un’abitazione privata, ma un tempo era conosciuta come il “palazzo” dei monaci, dove alloggiavano quando erano in visita in città. Al piano terra del palazzo si trova un vasto salone con un camino in ardesia, sulla cui trave orizzontale giace una lastra con lo stemma del Cardinale di Vendôme e i gigli di Francia, con la frase in francese “Sebourge sois assurée que je quitte sans regret”. La facciata, precedentemente in muratura, oggi in pietra, presentava uno stucco con lo stemma dei Savoia, poi modificato per adattarlo allo stemma di Seborga concesso dal Re di Sardegna attorno al 1760. A protezione del nucleo storico cittadino, un tempo vi erano quattro porte d’accesso. Ancora oggi ben identificabili sono la porta San Martino, quella di San Sebastiano e la Porta del Sole, della porta nord rimangono solo i cardini. La posizione geografica del “principato” è suggestiva. Seborga è situata ad un’altitudine di 500 metri, circondata da ville, giardini, terrazzamenti di ulivi, mimose e ginestre. Il panorama si estende sulla Costa Azzurra fino ad oltre il Principato di Monaco.

 

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