Mettere radici: nuovi e antichi modi di vivere l'altezza

L’ambizione di costruire opere grandiose è connaturata all’uomo. La costruzione è di per sé un segno, particolarmente efficace quanto più esso è percepibile: simboli del potere temporale e religioso, le strutture alte nascono per essere apprezzate da terra e a distanza.

03.01.18 , Architettura , Collaboratore Riflesso

 

Mettere radici: nuovi e antichi modi di vivere l'altezza

La città è presto uscita dalla finitezza delle proprie mura per riversarsi nell’ambiente circostante. La crescente densità abitativa ha trovato una possibile risposta nell’espansione in altezza, con implicazioni non tanto simboliche, quanto economiche e commerciali.

 

Nei contesti urbani consolidati, se i sistemi del tipo chiesa-campanile mantengono un’immagine d’insieme armonica, le nuove costruzioni alte sono spesso accolte con delle riserve, poiché pongono il problema dell’integrazione di nuovi landmark urbani.

Un interessante esempio, in tal senso, è il grattacielo Intesa Sanpaolo, progettato a Torino dall’architetto Renzo Piano. Inizialmente dibattuto per la sua elevazione, appena inferiore a quella della Mole Antonelliana, l’edificio si è reso disponibile alla città con un attacco a terra aperto e permeabile.

 

Un importante compromesso sta poi nel coniugare l’integrazione in termini energetici. Pur rimanendo edifici altamente tecnologici e specializzati, i grattacieli si ingentiliscono, cercano una scala umana e un maggiore contatto con l’ambiente. L’architetto Michael Green, sostenitore degli innovativi sistemi multipiano in legno, crede che questi edifici possano metterci in sintonia con la natura nell'ambiente costruito.

 

Un’esemplare declinazione in tema di integrazione urbana è stata recentemente proposta da Boeri Studio(Boeri, Barreca, La Varra)con la realizzazione del Bosco Verticale, progetto caratterizzato da due iconiche torri ricoperte di alberi, nel quartiere Porta Nuova di Milano.

Manufatti proverbialmente a grande scala assumono un’impronta naturale e a misura d’uomo, parlando direttamente al bisogno umano di contatto con l’ambiente in aree fortemente antropizzate.

Sarà per questo che la forestazione verticale sta conoscendo una diffusione rapidissima, con progetti in corso di realizzazione in Europa, Cina e Stati Uniti. È notizia recente l’aggiudicazione del concorso Marne Europe allo studio dell’architetto Stefano Boeri, con il progetto Forêt Blanche a Villiers sur Marne, una torre foresta con strutture interamente in legno.

 

La sfera vegetale diviene un elemento essenziale della progettazione, e non semplicemente aggiunto ad essa. Il bosco introduce un’importante biodiversità, riduce il riflesso delle luci intense e il rumore, protegge dall’irraggiamento, migliora il microclima e la qualità dell’aria.

 

Il verde verticale non si sostituisce a quello a terra, ma anzi stimola la sensibilizzazione pubblica sui temi della presenza e della salvaguardia ambientale nelle realtà urbane. Lo stesso progetto di Porta Nuova sarà completato con un parco che circonderà l’intera area.

 

Questo concept ha il pregio innegabile di rivalutare in modo innovativo il ruolo della natura nell’urbanistica, riportando il contatto con l’ambiente ad una tipologia che si basa sul distacco da terra. È un diverso modo di mettere a sistema due ambiti, il costruito e il naturale, che oggi appaiono sempre meno distanti. Un nuovo modo di mettere radici.

Alba Fagnani

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