Il santuario di Tindari tra culti e leggende

Mercoledì, 13 Luglio 2016,
Su un promontorio a strapiombo sul mare sorge Tindari, una frazione di Patti in provincia di Messina. Questo paese ha resistito a secoli di dominazioni greche, romane, bizantine e arabe di cui si conservano le tracce nel territorio circostante. Tindari fu fondata nel 396 a.C. da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, come colonia di mercenari che avevano preso parte alla guerra contro Cartagine e il suo nome deriva da Tindaro un sovrano di Sparta, in seguito divenne una colonia romana. Il santuario di Tindari è situato dove un tempo si trovava l’agorà, ha origini antiche legate al culto mariano della Madonna Nera. Il vecchio santuario risparmiato alle invasioni degli arabi nell’836 venne distrutto insieme alla cittadina nel 1544 dal pirata algerino Khayr al-Din Barbarossa durante la guerra ottomana e successivamente fu ricostruito nello stesso luogo.  Poche fonti certe ci sono sul ritrovamento della Madonna: la statua lignea è stata trasportata a Tindari dall’oriente, le linee allungate del volto e la configurazione della statua riprendono elementi dell’iconografia bizantina. Una leggenda narra che una nave sia stata costretta a sostare nella laguna di Tindari durante una tempesta. La nave rimase bloccata a Tindari e riuscì a ripartire solo dopo che ebbe depositato il suo carico inclusa la statua della Madonna. I fedeli trasportarono la statua fino alla collina dove in seguito venne eretto il santuario, tutt’oggi oggetto di pellegrinaggi.  Diversi restauri hanno modificato l’aspetto della statua sul basamento è inciso un passo del Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa”(Ct. 1,6), una descrizione della Vergina Maria. Le parti originarie conservatisi sono il volto e le mani, nei secoli sono stati aggiunti ornamenti e pitture policrome. Durante l’ultimo restauro eliminando gli strati di colore si è scoperto che gli occhi della statua non sono chiusi bensì aperti e presentano una linea di kajal che fa supporre un’influenza araba nella sua realizzazione.  Nei pressi del santuario si trova l'area archeologica con i resti dell'antica Tindari di epoca ellenistico-romana. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture, fregi e capitelli che sono conservati presso il museo locale, l'Antiquarium . Sono ancora visibili i resti delle terme e delle ville patrizie e i mosaici originari. A questi luoghi sono legati molti misteri e leggende come l’origine dei laghi e della spiaggia di Marinello. Non si capita per caso a Tindari, essendo una località nascosta che però resta impressa nella memoria, infatti è stata citata e descritta da molti autori da Cicerone fino al più recente Camilleri nel suo romanzo La gita a Tindari. Paola Faillace

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