L’ulivo, la vite e il vento: l’affascinante ristoro dei Colli Berici

I boschi che ricoprono i dolci pendii offrono incantevoli passeggiate con una vista che si apre tra la vegetazione consentendo di ammirare i filari di vigne e gli uliveti che si alternano al bosco autoctono, le strette valli con mulini e corsi d’acqua, e lo spettacolo della Pianura Padana che nei giorni tersi si estende da Venezia a Bologna

03.12.18 , Ambiente , Caterina Chiarcos

 

L’ulivo, la vite e il vento: l’affascinante ristoro dei Colli Berici

“La maggior novità, ch'ivi si pone, si è a veder lo Covol di Costoggia, là dove il vin si conserva e ripone. Quivi son donne d'ogni vaga foggia.” Così il medievale Fazio degli Umberti, nel suo “Dittamondo”, riassume didascalicamente le bellezze caratteristiche dei Colli Berici vicentini.

I boschi che ricoprono i dolci pendii dei Colli Berici offrono incantevoli passeggiate tra robinie, querce, carpini, noccioli e castagni, da arbusti e vegetazione “di macchia”, quali la rosa canina, il ginepro, il corniolo, la roverella ed il terebinto e anche specie vegetali rare tra cui il paliuro ed il pero corvino; la vista che si apre tra la vegetazione consente di ammirare i filari di vigne e gli uliveti che si alternano al bosco autoctono, le strette valli con mulini e corsi d’acqua, e lo spettacolo della Pianura Padana che nei giorni tersi si estende da Venezia a Bologna.

Tutta la zona rocciosa compresa tra il comune di Longare e le frazioni di Lumignano e Costozza è disseminata inoltre da un tipo particolare di grotta carsica: i covoli, vere e proprie stanze naturali scavate nella roccia calcarea locale, adibite fin da tempi antichissimi alla conservazione di vini e vivande, alla coltivazione del fungo pioppino, fungendo poi da riparo agli abitanti della valle in cerca di refrigerio nel periodo estivo, oltre che in occasione di guerre o incursioni nemiche. Usciti dalle fresche ombre dei boschi, anche i paesi che giacciono ai piedi o sulle pendici delle colline offrono al visitatore affascinanti scorci architettonici e preziose testimonianze storiche.

Dopo la cessione ai monaci benedettini da parte dei longobardi, sorsero in tutta la zona santuari ed eremi, tra cui le bellissime pievi di San Mauro e San Mainolo a Lumignano e San Vito a Secula. La grande devozione locale per l’eremita medievale San Teobaldo, di cui è conservata una sacra reliquia nella chiesa di Sossano, è testimoniata dal fiorire di cappelle gentilizie e capitelli a lui dedicati. Con il passaggio sotto la Repubblica di Venezia vi fu un fiorire di ville dagli splendidi giardini, collegate tra loro da un geniale sistema di condutture lungo circa sette chilometri, i “ventidotti”, che convogliavano nelle stanze l’aria fresca proveniente dalle grotte.

La fresca brezza serotina è anche il principale motivo per cui nel 1565 il canonico e conte Paolo Almerico commissionò ad Andrea Palladio la sua villa in campagna, Villa Capra Valmarana detta La Rotonda, ispirata al Pantheon di Roma: della trentina di ville progettate dal Palladio è forse quella che suscitò più ammirazione e ispirazione in tutta Europa, con le sue facciate neoclassiche affacciate su tutti i versanti della collinetta su cui è adagiata.

E mentre il sole tramonta a ovest oltre paesi di Orgiano e Alonte, indorando coi suoi ultimi raggi i filari di vitigni di Garganega, Sauvignon, Cabernet, Pinot bianco, Chardonnay e Carmenere, è facile abbandonarsi ai racconti locali secondo cui il visitatore solitario di notte correrebbe il rischio di incontrare e disturbare le streghe vagabonde e danzanti per boschi e sentieri, o di essere attirato in qualche maligna trovata delle graziose anguane, che si offrono di accompagnare il viandante per poi farlo smarrire nelle grotte, mentre al chiaro di luna le fate stendono i loro panni di ragnatela su funi lunghissime, da una rupe all’altra.

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