Incendi e alluvioni: le responsabilità dell’uomo

Incendi, alluvioni, frane, con il tragico corollario di vittime e danni incalcolabili sono diventati ormai accadimenti anche troppo frequenti.

03.01.18 , Ambiente , Walter Leti

 

Incendi e alluvioni: le responsabilità dell’uomo

Di fronte a questi eventi estremi la reazione è spesso quella di un rassegnato fatalismo. In realtà la mano dell’uomo è la maggiore responsabile dei disastri che con micidiale frequenza si abbattono sul nostro Paese. Cominciamo con le alluvioni: le canalizzazioni e la cementificazione selvaggia dei corsi d’acqua, senza la garanzia della manutenzione ordinaria di sponde e argini, costituiscono un vulnus ambientale responsabile di un conseguente grave dissesto idrogeologico. A causa di ciò è stato calcolato un consumo del suolo pari a novanta ettari al giorno. Altro fattore di degrado è rappresentato dal numero crescente delle nutrie in libertà. Questi animali, originari del Sudamerica, sono stati importati in Italia negli anni ‘60 come valida alternativa alle più costose pellicce di visone. Passata la moda, gli allevatori se ne sono liberati aprendo le gabbie. A causa della loro elevata prolificità le nutrie si sono moltiplicate a dismisura alterando la biodiversità ambientale e indebolendo gli argini di fiumi, dove i roditori hanno costruito le tane. Il Wwf, contrario all’abbattimento degli animali, chiede che venga piuttosto messa in atto una azione di rinaturazione del territorio, accompagnata da un’efficace manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua. Anche per l’accensione degli incendi la responsabilità quasi esclusiva risiede nell’opera dell’uomo. Le dimensioni del fenomeno sono imponenti. Secondo le stime di Legambiente nei primi sette mesi del 2017 sono andati letteralmente in fumo 74.965 ettari di aree boschive fra le varie regioni. La Sicilia è in testa a questa particolare classifica con 25.071 ettari. Occorre sfatare una volta per tutte la nozione che gli incendi abbiano inizio per effetto di “autocombustione” nei torridi mesi dell’anticiclone sahariano. Non è così, occorrono temperature ben più alte di quelle registrate in estate nelle nostre latitudini per dar luogo a un incendio spontaneo. I “piromani” naturali sono individuabili essenzialmente nei fulmini e nelle eruzioni vulcaniche per una percentuale di “colpevolezza” inferiore all’uno per cento. La responsabilità residua è appannaggio, di diritto, dell’attività umana, da dividere equamente fra incendi colposi e dolosi. Nel primo caso la causa dell’innesco è legata all’incuria e alla negligenza, come l’utilizzazione del fuoco da parte dei contadini per eliminare residui dell’attività agricole o il gettare il classico mozzicone di sigaretta in ambienti con alto tasso di infiammabilità. Anche un semplice frammento di vetro, agendo da concentratore dei raggi solari, può causare un disastro. Nel caso degli incendi dolosi, invece, è presente la precisa intenzione di causare danno. Annoveriamo in questo gruppo i comportamenti legati alla speculazione edilizia, al bracconaggio, all’ampliamento della zona agraria o anche alla volontà di creare occupazione nei settori preposti alla domatura del fuoco. I danni provocati dalle fiamme sono drammatici: il deterioramento del suolo, l’inquinamento da fumi, la scomparsa di biodiversità, il disordine idrogeologico, il complessivo degrado ecologico solo per citare i guasti più macroscopici.

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