La Foresta Fossile di Dunarobba

Lunedì, 02 Dicembre 2013,
Intorno al 1980 si è cominciato a portare rispetto ai grandi tronchi di albero che già da qualche anno venivano trovati, presso la fornace di Dunarobba, durante l'escavazione per il reperimento dell'argilla ad uso laterizio. In realtà, se vogliamo porgere scrupolosa attenzione alle voci della storia, si deve riconoscere che, già ai primi del '600, a qualcosa di simile fanno riferimento due illustri scienziati, fondatori dell'Accademia dei Licei: Federico Cesi in una lettera del l624 al Card. Francesco Barberini e Francesco Stelluti nel "Trattato del Legno Fossile Minerale” edito a Roma nel 1637. I tronchi della Foresta Fossile, secondo uno studio condotto da Biondi e Bruciapaglia dell'Università di Ancona, andrebbero sicuramente attribuiti “a specie della famiglia delle Taxodiaceae..., assai affine come piano di struttura legnosa all'attuale Sequoia sempreverde (Sequoia sempervirens)". Con verosimile approssimazione vissero due milioni di anni fa, per 700-1000 anni. A seguito di un cambiamento climatico e di movimenti della crosta terrestre nacque la catena appenninica ma scomparvero molte specie vegetali e animali tra cui gli alberi intorno al cosiddetto lago Tiberino che ricopriva gran parte dell'Umbria dove oggi scorre il Tevere. I circa 50 tronchi della cosiddetta Foresta Fossile di Dunarobba “hanno subito un processo di fossilizzazione molto particolare detto per mummificazione che ha consentito ad essi di mantenere praticamente inalterata la natura legnosa. Sono state le argille inglobanti i reperti che ne hanno permesso, grazie alla loro impermeabilità, la Conservazione evitandone la mineralizzazione e la decomposizione. La maggiore peculiarità del giacimento è data comunque dalla posizione del tronchi che si presentano ancora con il portamento che avevano in vita, sono cioè eretti, anche se inclinati tutti nella stessa direzione, e in alcuni casi è stato anche possibile mettere in evidenza l’apparato radicale” (Edoardo Biondi "La Foresta Fossile di  Dunarobba", Todi 1996). Il nostro augurio è che questi alberi, con l'aiuto della scienza e con il rispetto degli uomini, possano rimanere alla vista della gente almeno quanto hanno vissuto sotto terra. Giuseppe Maccaglia e Agostino Serangeli

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